Verso la metà del VII secolo, gli Arabi emersero come protagonisti sulle rive del Mediterraneo, provenienti da una vasta penisola nell’Asia occidentale. Quest’area geografica, delimitata dalla Siria, la Mesopotamia, il Mar Rosso, il golfo Persico, il golfo di Oman, il golfo di Aden e l’oceano Indiano, era caratterizzata da un arido altopiano desertico al suo cuore, punteggiato da oasi vitali per la sopravvivenza dei suoi abitanti.

La popolazione araba era divisa tra pastori semi-nomadi, che si dedicavano all’agricoltura e alla pastorizia nelle oasi, e i beduini nomadi, conosciuti per la loro vita itinerante alla ricerca di risorse. Mentre le coste erano testimoni di una vita più sedentaria, con centri urbani che fungevano da nodi commerciali vitali tra Oriente e Occidente, e da cui partivano carovane cariche di merci preziose attraverso il deserto.

La società araba era organizzata in tribù, ciascuna guidata da un capo eletto tra gli anziani, con una forte coesione interna che spesso portava a conflitti tribali per questioni di onore e vendetta. Al centro delle tensioni vi erano anche le disparità sociali, con agricoltori e beduini che guardavano con sospetto ai mercanti cittadini, accusati di sfruttamento economico.

Nonostante la diversità di culti e idoli tribali, gli Arabi condividevano il culto della pietra nera della Kaaba, situata nella Mecca, ritenuta discesa dal cielo per mano dell’arcangelo Gabriele. Questo luogo sacro diventava annualmente teatro di pellegrinaggi durante i mesi della tregua santa, trasformandosi in un fervente centro di scambi commerciali che arricchiva notevolmente la città.

Questi incontri annuali con popolazioni di fede cristiana ed ebraica incoraggiarono tra gli Arabi una crescente apertura verso il monoteismo, ponendo le basi per quelle che sarebbero diventate le radici culturali e religiose dell’espansione araba nel Mediterraneo e oltre.