Nella primavera del 1917, mentre l’attenzione dell’esercito italiano era concentrata sul fronte isontino, un nuovo piano offensivo prendeva forma sull’Altopiano di Asiago. Nonostante i successi ottenuti nell’estate precedente, vaste aree di questa regione montuosa rimanevano sotto il controllo austro-ungarico, le cui posizioni strategiche offrivano un vantaggio significativo sulle operazioni italiane.

Il Comando Supremo, determinato a ribaltare la situazione, costituì la 6ª Armata sotto il comando del Generale Ettore Mambretti, incaricandola di conquistare il Monte Ortigara, un’importante vetta alta 2.105 metri. L’operazione, prevista per metà giugno, fu però immediatamente ostacolata da sfortuna e contrattempi.

Una controffensiva austro-ungarica richiese l’anticipo dell’attacco, ma le condizioni meteorologiche avverse e un tragico incidente con una mina che uccise 230 soldati italiani il 7 giugno misero a dura prova le truppe. Nonostante una breve pausa che avrebbe permesso una migliore preparazione, Mambretti decise di procedere con l’assalto il 10 giugno.

Il tentativo di avanzata si scontrò con difficoltà insormontabili: la scarsa visibilità impedita dalle nuvole basse vanificò l’efficacia del bombardamento preparatorio, esponendo i soldati italiani al fuoco nemico senza alcuna copertura. Nonostante le evidenti difficoltà, l’ordine fu di proseguire, trasformando l’assalto in un massacro.

La situazione migliorò leggermente il 19 giugno, grazie al supporto aereo dei bombardieri Caproni, ma la battaglia, che infuriò per una settimana, si concluse senza risultati significativi, se non ingenti perdite umane e materiali per l’Italia.

Il 25 giugno, dopo due settimane di scontri estenuanti, gli austro-ungarici respinsero definitivamente gli italiani, utilizzando lanciafiamme e gas velenosi. La Battaglia dell’Ortigara entrò nella storia come uno dei momenti più tragici della Grande Guerra per l’Italia, con oltre 25.000 uomini persi e interi reggimenti decimati.

Questo sanguinoso capitolo, simbolo di coraggio e sacrificio, rimane impresso nella memoria collettiva, testimoniando la crudeltà del conflitto e l’alto prezzo pagato dall’Italia nella lotta per la propria integrità territoriale.